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C.s. Fap Acli Bologna. Gli anziani i più colpiti da questa emergenza sanitaria, la “ricostruzione” ne tenga conto

 

«A Bologna un quarto della popolazione ha più di 65 anni. Più della metà delle famiglie residenti ha un solo componente. Sono dati che richiedono un’attenta interpretazione, alla luce dell’emergenza sanitaria che stiamo vivendo». A dirlo è Paolo Salsi, Segretario della Federazione Anziani e Pensionati – Fap Acli di Bologna.

«Gli anziani sono stati i più colpiti dal Covid-19: non solo patologicamente e clinicamente dal virus, ma anche dalle sue conseguenze» prosegue Salsi. Conseguenze che sono psicologiche, relazionali, sociali, fisiche: «con le Acli abbiamo avviato lo sportello di supporto psicologico telefonico. Hanno chiamato una ventina di anziani: quasi mai casi patologici, ma tutti molto spaventati dal fatto di essere costantemente indicati dai media come “vittime designate” del virus. Molti hanno paura anche solo ad aprire la porta ad un corriere: una signora non voleva più accogliere la spesa a domicilio per paura, né andare al supermercato. Abbiamo dovuto convincerla, rischiava di non mangiare più».

Su questi anziani spaventati ci sono anche conseguenze economiche: «alcuni non avevano mai avuto bisogno di aiuto, prima, grazia ad una rete informale di aiuto, che è venuta meno. Si vergognano a chiedere al Comune o alle associazioni caritative, non sanno chi chiamare. Noi siamo un riferimento attraverso Parrocchie, Circoli, Patronato: cerchiamo di sostenerli» dice Salsi. Per loro, infatti, le Acli hanno avviato una rete di aiuto, per beni di prima necessità: «dopo una prima consegna, cerchiamo di vincere le loro paure, indirizzandoli ai servizi preposti. Ci sono anziani che, prima, andavano ai mercati a prendere la frutta e verdura di seconda scelta, o che ricevevano aiuti dai vicini, dai parenti, o le eccedenze dei negozi di vicinato: adesso tutto questo è impossibile» spiega Salsi. «Si parla di mettere un minimo di 50€ alla spesa, per disincentivare le uscite, di mettere braccialetti con sistema di tracciamento, di imporre il bancomat anche per spese piccole: non sono cose percorribili per molti anziani, con la pensione minima, che con 20€ mangiano una settimana e che non hanno nemmeno i soldi per pagarlo, il bancomat. Molti non hanno nemmeno il conto corrente, perché costa troppo, in proporzione alla pensione. Idee del genere si possono proporre solo se i costi non ricadono sugli anziani, altrimenti si impoveriscono e basta, non è ammissibile. Non sono certo i pensionati con la “minima” ad evadere le tasse e a dover essere controllati» dice il segretario della Fap.

Un altro grave problema è il digital divide: «troppo spesso viene dato per scontato che tutti sappiano usare – e bene – la tecnologia. Ma degli anziani che chiamano, quasi nessuno ha uno smartphone o, comunque, lo usa solo nelle funzionalità più semplici. Ma quando si pensa ai beni di prima necessità, oggi, va pensata anche la tecnologia. Ormai è chiaro a tutti che questo virus ha fatto emergere un grave divario sociale tra chi è dotato di strumenti tecnologici e chi non lo è». Vale per i bambini in età scolare, ma anche per i “nonni”: «occorre aiutarli a prendere confidenza col mezzo, come una volta ha fatto la TV per alfabetizzare gli italiani. Ma occorre anche che sappiamo stare vicino a chi non ci riesce, trovando soluzioni adatte per non lasciare indietro nessuno. Se chiediamo che tutti scarichino le App, usino lo smartphone, dobbiamo essere in grado di fornirne uno a tutti e fornire la connessione dati, esattamente come si fa coi beni di prima necessità. E gli anziani vanno protetti da truffe ed abusi».

C’è poi il tema delle badanti: «alcune sono scappate letteralmente nel proprio Paese prima della chiusura delle frontiere: ora gli anziani si chiedono, se dovessero tornare, se sono al sicuro, dal momento che queste dovranno fare la quarantena a casa dell’anziano» osserva Salsi. Infatti, le badanti conviventi hanno la residenza a casa del datore di lavoro: «quella è tecnicamente casa loro, la quarantena si fa a casa. Occorre trovare il modo di mettere in sicurezza loro e gli anziani: basti pensare a cosa è successo nelle RSA» prosegue il Segretario della Fap.

Infine, ci sono questioni che riguardano la salute, al di là del Covid-19: «occorre al più presto riaprire i parchi e consentire agli anziani di uscire, per svolgere attività fisica. Si può pensare ad ingressi contingentati come al supermercato, a fasce orarie consentite a seconda del cognome: però è necessario porre fine all’isolamento domiciliare, nel rispetto del distanziamento fisico e delle norme di sicurezza». Pare, infatti, che i più colpiti dal virus siano affetti da altre patologie, quali ipertensione, diabete, obesità: «è un circolo vizioso» spiega Salsi. «Se queste persone non fanno prevenzione alla salute, in generale, coltivando stili di vita sani, una buona alimentazione, il movimento, resteranno sempre più rischio di contrarre il virus. Vanno rassicurati, informati ed incentivati a muoversi, in sicurezza».

Agli anziani della Fap arriverà in questi giorni un questionario, sviluppato dall’Associazione Medici in Centro Interdisciplinare, Circolo Acli, con l’Unione Sportiva Acli: «vogliamo indagare se e quanti anziani hanno fatto movimento anche in casa in questi giorni, come, se hanno mantenuto o adottato uno stile di vita sano. Successivamente, studieremo i risultati per proporre loro attività mirate insieme all’UsAcli, in totale sicurezza. Ricordiamoci che non possiamo svuotare i reparti dai malati di Covid, per metterci anziani con altre patologie».

Un occhio di riguardo va ai caregivers: «dobbiamo porre attenzione anche a loro, perché rischiano di deteriorare il sistema muscolo scheletrico e divenire, da “curanti”, a bisognosi di cure» conclude Salsi.

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